Nuova rivista

Donne: più istruite, ma ancora discriminate sul lavoro

Dinora Corsi, docente di Storia della chiesa medievale e dei movimenti ereticali all’Università di Firenze, è la direttrice della rivista elettronica «Storia delle Donne». Una rivista annuale – edita dalla Firenze University Press– che mette al centro dell’indagine e della riflessione le donne e la loro storia muovendo dai problemi che le contingenze politiche e sociali del tempo presente propongono. Ogni numero si articola in due sezioni: una tematica, a carattere monografico, suddivisa tra saggi che illustrano il tema attuale e approfondimenti che ne restituiscono lo spessore storico e diacronico; l’altra destinata ad accogliere contributi di storia delle donne di argomento libero. La redazione è composta da docenti di università italiane (Anna Beltrametti, Donatella Bremer, Sara Cabibbo, Marina Caffiero, Elena Giannarelli, Patrizia Pinotti, Milka Ventura) e si avvale della collaborazione di studiose di diverse università europee. La professoressa Corsi ci ha parlato degli obiettivi della rivista, ma anche della situazione femminile nel mondo dell’istruzione e in quello del lavoro, in un periodo piuttosto delicato per i diritti delle donne.

Come nasce l’idea di una rivista sulla storia delle donne?

L’idea della rivista si collega in parte all’esperienza del sito Internet, ‘Storia delle donne’ (www.storiadelledonne.it), creato nel 1994 con l’intento di offrire una guida alle risorse relative alla storia delle donne e Women’s studies presenti in Internet. Da qui è nato il progetto di una pubblicazione di alto profilo scientifico in formato elettronico. La rivista «Storia delle Donne» si configura anche come impegno politico nel particolare momento che stiamo vivendo: la sfida portata nell’ambito dei diritti politici, civili e umani – a donne e uomini – assume oggi forme nuove e raggiunge livelli di cui sfuggono entità e spessore; preoccupano le aggressioni alle libertà fondamentali; preoccupa lo spazio dato a poteri liberi da controlli; preoccupano i colpi inferti ai valori più alti che una tradizione secolare ha radicato in Occidente: la tutela dei diritti civili e politici.

Quali sono gli obiettivi di «Storia delle Donne»?

Da un punto di vista strettamente scientifico, la rivista si propone di rinsaldare quel nesso fra storia delle donne e politica che è andato allentandosi ed ha subito significative mutazioni. Alla storia delle donne infatti, si è gradatamente affiancata la storia di genere, più neutra, più ‘scientifica’, meno sospetta di legami con i movimenti delle donne e più attenta alla ricostruzione e alla reciproca influenza dei modelli ereditati, maschili e femminili. È stata una evoluzione scientifica e culturale di cui va segnalata l’importanza, ma che si è allontanata dall’esperienza biostorica delle donne e che dunque si rivela oggi insufficiente ad affrontare la complessità di questo scenario globalizzato. «Storia delle Donne» si propone come il luogo consapevole di una storiografia che intende ricostruire figure, eventi, percorsi individuali e collettivi delle donne, sapendo di incrociare inevitabilmente, attraverso fatti apparentemente minori, da microstoria, le tematiche della grande storia. E assieme alla certezza che la storia delle donne sia il terreno su cui meglio si rintracciano i passi della politica, nel più lontano passato e nel presente, la rivista ha anche l’ambizione di fare una storiografia che sappia incidere sulla politica, offrendole sfondi più e meno remoti, indicandole le radici e le presupposizioni dell’oggi, offrendole chiavi di interpretazione. La storia delle donne ha un suo posto ed è in grado di offrire punti di ancoraggio e di confronto nell’esplorazione del presente riattivando i processi – mai come oggi, e paradossalmente, sovraccarichi e allentati – della memoria.

La rivista si avvale anche del contributo di giovani studiosi?

E’ uno dei punti qualificanti del progetto della rivista quello di tenere in grande considerazione le ricerche di giovani studiose e studiosi e di promuoverne la pubblicazione. In tutte e due le sezioni del primo numero della rivista circa il 40% dei saggi è costituito da loro contributi: sono parti di tesi di laurea e di tesi di dottorato ed anche studi da queste indipendenti. Come possono proporre le loro ricerche alla rivista? È necessario inviare un summary del lavoro alla redazione che si riserva la valutazione. La collaborazione delle studiose europee consente di avere contatti e di pubblicare ricerche anche di giovani stranieri.

La rivista, ha detto, è anche una risposta a un particolare momento storico. Un momento, ad esempio, in cui le donne sono più istruite ma ancora discriminate nel mondo del lavoro…

La discriminazione che le donne patiscono nel mondo del lavoro, in Italia, è questione nota e da tempo denunciata dai movimenti femminili, e non solo. Mi limito a rilevare che a fronte di una scolarità delle donne oggi molto alta e qualificata, si configurano per loro nel mondo del lavoro troppo spesso ruoli e funzioni marginali. Anche nel mondo accademico, per esempio, ci sono ormai molte docenti donne, ma, in proporzione, a un numero limitato di loro sono dati i riconoscimenti e le opportunità che meritano: di conseguenza le figure che guidano gli organismi istituzionali degli atenei sono quasi sempre figure maschili. Ogni commento mi pare superfluo. E vorrei aggiungere anche che nonostante si siano da tempo istituite commissioni per le pari opportunità, i risultati ottenuti sono mediocri. I tempi del lavoro sono ancora quelli maschili, mancano quei servizi sociali necessari affinché le donne non siano più costrette a conciliare con fatica il lavoro produttivo e il lavoro di cura, sempre che quest’ultimo spetti ancora soltanto a loro. C’è stato un tempo in cui abbiamo creduto che le donne potessero far valere le loro capacità, ma le dinamiche di mercato, la società e la politica hanno operato in una direzione che tende a chiudere loro spazi e opportunità. Per invertire questa tendenza è necessario che il mondo cominci a camminare con due gambe, una maschile e una femminile, con le loro diversità, naturalmente, ma con pari diritti.

Eppure la realtà sociale è cambiata: oggi le donne, anche solo per motivi economici, devono lavorare… è un momento in cui il ruolo della donna si sta ridefinendo?

Il ruolo delle donne non si sta ridefinendo perché devono lavorare: le donne vogliono lavorare, ma la mancanza o la precarietà del lavoro e i problemi di cui ho parlato, condizionano fortemente le loro scelte di vita e, quindi, le loro libertà. Il ruolo delle donne si sta ridefinendo, e non in senso positivo purtroppo, per precise scelte politiche che altri hanno fatto per loro. Le faccio un esempio emblematico che da solo illumina in maniera inquietante la realtà in cui viviamo. Mi riferisco alla legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita e al referendum che ne è seguito. Non a caso il primo numero della rivista «Storia delle Donne» si intitola Concepire generare nascere e proprio questo tema ha affrontato”.

Per concludere, ci può dire di cosa parlerà il secondo numero della rivista?

“L’argomento del prossimo numero tratterà delle donne e della vecchiaia. Vecchiaie nel presente e vecchiaie nel passato. Dal punto di vista dell’analisi, il tema delle vecchiaie femminili presuppone una molteplicità di approcci e di metodi d’osservazione e “misurazione” quantitativa e qualitativa: da quello storico a quello letterario, a quello delle arti figurative, a quello antropologico, demografico. I contributi tratteranno di ruoli, figure e modelli delle donne anziane partendo dall’attualità e poi, come prevede l’impianto della rivista, volgendo indietro lo sguardo in una lunga diacronia storica”.

Intervista a Dinora Corsi, direttrice della rivista Storia delle donne edita il 27 marzo 2006, sul Sito AlmaLaurea News