Cooperare per conservare

Susanna Giaccai, Cooperare per conservare,
intervento al Convegno Gli archivi al femminile: scritura e memoria delle donne, promosso dal Ministero per i beni e le attività culturali. Roma, 29 gennaio 2001.

Siamo giunti al termine della giornata, che è stata particolarmente intensa ed interessante; sarò quindi breve e forzatamente sintetica.I temi trattati sono stati molti; e non vorrei aggiungere il mio intervento ai molti e ben più qualificati che mi hanno preceduta, sul tema della specificità degli archivi delle donne e sulla grande importanza essenziale che hanno per documentare nella sua completezza la storia della nostra civiltà.
Il mio intervento sarà piuttosto sugli aspetti più generali della tutela e della valorizzazione di questo materiale, se mi permettete di utilizzate questi due termini in senso generale e non con il significato molto specifico che hanno nei testi normativi. Sulla loro interpretazione infatti abbiamo letture ed accenti diversi: penso soprattutto al dibattito nato attorno ai testi normativi più recenti (la Bassanini DL 112/1998 e il Testo unico sui BBCC DL 490/1999): le interpretazioni, e di conseguenza la richiesta di ampliamento o restringimento delle deleghe, si sono moltiplicate. D’altra parte il processo di delega alle Regioni, avviato negli anni ’70, è stato processo un complesso e non è tutt’ora terminato. E’ naturale che anche 30 anni dopo non tutto sia risolto e chiarito.
Ritengo tuttavia molto opportuna l’osservazione che faceva Paola Carucci alla Conferenza nazionale degli archivi del luglio 1998, quando diceva che “non è difficile immaginare come per la conservazione e valorizzazione dello sterminato patrimonio archivistico non statale – che risulta solo parzialmente censito – sia opportuna la massima collaborazione dei soggetti istituzionalmente coinvolti”.
Vi sono fattori oggettivi che impongono la strada della collaborazione interistituzionale: la scarsità delle risorse economiche in confronto alla quantità di patrimonio da salvaguardare e la scarsità del personale specialistico disponibile. Per nostra fortuna gli sviluppi delle nuove tecnologie, se correttamente utilizzati, possono venirci in aiuto per impostare progetti coordinati tra istituzioni diverse. Senza dimenticare che, in questo caso, i soggetti in campo sono oltre allo Stato, le Regioni e gli EELL, sono anche le associazioni di donne; associazioni che sono orgogliose custodi dei propri archivi attorno ai quali rafforzano la propria identità.
La presenza e le caratteristiche di queste strutture ritengo debba essere valorizzato coinvolgendole in un lavoro comune di tutela del loro materiale. In questo senso potrebbe essere favorito il loro autonomo lavoro di riordino: per esempio definendo con precisione, e facendo conoscere, standard minimi di ordinamento che consentano comunque una prima individuazione del materiale, per inserirlo poi in una quadro generale entro il quale definire le priorità degli interventi di tutela, di valorizzazione.

Sono una bibliotecaria e non una archivista ma in entrambe le nostre professioni in Italia è presente una certa tendenza – se mi consentite questo termine – al “barocchismo descrittivo” a scapito spesso di una visione più generale dell’archivio come struttura di servizio per gli utenti. Credo sia nostro compito riuscire sempre mantenere un rapporto corretto tra le risorse economiche disponibili, il nostro lavoro e i servizi che vogliamo fare agli utenti.
D’altro canto una indicazione in questo senso ci viene anche da Internet: nella impossibilità di catalogare tutte le pagine ormai giunte a centinaia di milioni, ci stiamo indirizzando verso forme di indicizzazione semplificata, ma standardizzata. Per questo scopo sono in corso molte ricerche sull’uso dei metadati e del nuovo standard XML. Attraverso questi strumenti si sta cercando di rendere più facilmente accessibile l’informazione di qualità esistente su Internet. Ed è anche questa la strada verso cui si sta andando per l’accesso ai cataloghi delle biblioteche ed agli inventari degli archivi.

In questo senso penso che sarebbe molto interessante avviare un progetto, che veda la presenza dell’Ufficio centrale, delle Regioni e degli EELL interessati, finalizzato ad un censimento nazionale degli archivi delle donne: sia di quelli presenti in centri donne, che di quelli depositati presso biblioteche e archivi. Un progetto “leggero”, realizzabile e sul quale possano essere coinvogliate le risorse di tutte le istituzioni competenti .
Gli investimenti regionali in questi anni non sono mancati. Le Regioni hanno quasi tutte una propria normativa sulle biblioteche di ente locale; molte di queste leggi hanno previsto, al loro interno, in alcuni casi con una certa “forzatura”, anche gli archivi storici dei Comuni e gli archivi di interesse locale. In Toscana, per esempio, attraverso questa legge, ed in una azione strettamente coordinata con la Sovrintendenza archivistica, è stato possibile effettuare la mappatura degli archivi storici dei Comuni; sempre con questa legge e sulla base di una collaborazione tra Regione, Sovraintendenza e Accademia Colombaria, è stato avviata la redazione di una Guida agli Archivi delle personalità della cultura in Toscana: sono terminati e pubblicati presso Olschki i volumi relativi alla provincia di Firenze e di Pisa. Sempre con questa legge è stato avviato il censimento di cui ci hanno parlato Alessandra Contini ed Ernestina Pellegrini. La Regione Lombardia nel 1996-97 ha finanziato una guida alla descrizione di fondi personali in collaborazione con gli Archivi riuniti delle donne, più volte citati stamani, fondati nel 1994 da Annarita Buttafuoco. La Regione Emilia Romagna collabora con i vari archivi UDI regionali per il riordino e la valorizzazione dei loro fondi. Negli ultimi anni diverse Commissioni pari opportunità hanno avviato iniziative in questo senso: ricordo – perché è avvenuto recentemente – il sostegno dato dalla Commissione Pari opportunità della Provincia di Torino al riordino del archivio Zumaglino. Ma vorrei anche ricordare che l’Associazione Gruppo 7 – Donne per la pace di Mantova ha depositato il suo archivio nel locale Archivio di Stato ed assieme hanno organizzato una interessantissima giornata di studio. E’ probabile che un simile deposito sarà fatto anche da Emma Baeri per il materiale del Coordinamento per l’autodeterminazione della donna di Catania.
Con una verifica puntuale potremo trovare individuare molti Enti locali coinvolti in iniziative di questo tipo. La strada da percorrere è certamente quella di un lavorare in modo coordinato all’interno di un progetto concordato tra le diverse istituzioni nazionali e locali.
Vorrei terminare questi spunti con una ultima osservazione sulle risorse elettroniche. Il deposito di archivi di donne, di cui non siano nella condizione di garantire autonomamente la conservazione, presso istituzioni locali (biblioteche o archivi) o presso gli Archivi di Stato, mi pare un fatto molto positivo. Ricordo però che presto si porrà anche tema del deposito di archivi digitali: forse non è ancora a tutte chiaro che ormai da una quindicina di anni molti nostri documenti sono in formato digitale. Mentre un archivio cartaceo, una volta ordinato, occupa spazio (che costa) e necessita di periodica spolveratura (che costa) ma, a parte questo, può restare per decenni immobile, le risorse elettroniche hanno necessità di procedure di conservazione continuative e onerose: le tecniche per tale conservazione sono ancora in corso di definizione (si pensa a conversioni nei nuovi software e sui nuovi supporti, oppure a tecniche di ‘ingabbiamento’ di applicativi e dati per trasportarli nei nuovi ambienti ecc.). Tuttavia è certo che si tratterà di operazioni costose; saranno di conseguenza necessarie drastiche operazioni di scarto: dobbiamo iniziare a riflettere sul come e sul dove conservare i nostri archivi per impedire che le inevitabili scelte di scarto li vedano perdenti nei confronti di altri archivi ritenuti, da altri, più preziosi.

Susanna Giaccai, Regione Toscana